Un sepolcro nell’andito del chiostro Grande: Gian Francesco Pagnini di Innocenzo Spinazzi

Nel grazioso andito del chiostro Grande della SS. Annunziata di Firenze si trova, in fila con altri, il sepolcro di Gian Francesco Pagnini scolpito da Innocenzo Spinazzi, ornato da stemma, busto e da una lapide composta a lettere capitali e in latino dal padre Raimondo Adami († 1792) dei Servi di Maria. Vi si legge:

... IO(ANNIS) FRANCISCUS PAULI F. PAGNINIUS PATRIC. / VOLATERR. POLI/TIORIBUS LITERIS PUER IN PATRIA ERUDITUS IURISPRUDEN/TIAE LAUREAM PISIS ADOLESCENS OBTINUIT GENUAM SUBIN/DE LIBURNUMQ. ADIVIT EXOTICAS LINGUAS ADEPTURUS RO/MAMQ. SE CONTULIT UT SACRAE THEMIDIS ARTIBUS LATI/US IMBUERETUR INDE FLORENTIAM REVOCATUS AB AUG. FRANCISCO I ROM. IMP. CONSILIO QUOD REG. PATRIMONIUM / PUBLICUMQ. CENSUM MODERATUR A SECRETIS RENUNCIATUS / ALIIS POSTEA MUNERIBUS IUBENTE P. LEOPOLDO M. E. D. / FELICITER FUNCTUS EST VIR FUIT PIO SEMPER IN DEUM ANI/MO DOCTRINA INSIGNIS QUAM LIBRI AB EODEM EDITI PROBANT. / INGENIO MITISSIMUS AMICORUM CULTOR INGENUUS REI DEMUM / AGRARIAE AMPLIFICANDAE STUDIOSUS / EADEMQ. SUBSECIVIS HORIS / MIRE DELECTABATUR OB. FLOR. IV CAL. FEB. AN. REP. SAL. MDCCXIC / VIXIT ANNOS LXXIV M. VII DIES VIII AMICI CUM LACR. B. M. TIT. PP.

Tradotta significa:
Giovanni Francesco figlio di Paolo Pagnini patrizio volterrano, educato da fanciullo in patria con le lettere più cortesi, ottenne da giovane la laurea in giurisprudenza a Pisa, andò a Genova e poi a Livorno, si portò a Roma ad acquisire lingue esotiche [sapeva inglese, francese e latino] affinché si imbevesse più largamente delle arti sacre di Temide [la dea della giustizia], quindi fu chiamato a Firenze dall’augusto Francesco I romano imperatore nella Segreteria delle Finanze e, ritirato dalla Pratica Segreta, conseguì felicemente altri incarichi per volontà di Pietro Leopoldo granduca di Toscana; fu un uomo pio che ebbe sempre Dio nel cuore, di dottrina insigne come dimostrano i libri da lui pubblicati, amabilissimo di natura, cultore di amici e studioso nell’ampliare la scienza agraria, nella quale a tempo rubato, si dilettava mirabilmente. Morì a Firenze il 29 gennaio dell’anno di salute della repubblica 1789, visse anni 74, mesi 7, giorni 8; gli amici, a titolo di buona memoria, posero.

Forse sconosciuto ai più, come accade a certe figure di funzionari in periodi storici controversi di cui si perde la precisa comprensione, Gian Francesco Pagnini condusse vita tranquilla da nobiluomo al servizio dello stato. Nacque a Volterra il 22 giugno 1714 e si laureò "in utroque iure" a Pisa nel 1738. Lavorò prima a Roma presso lo studio dell'avvocato Forti e si trasferì a Firenze, entrando a far parte della Segreteria delle Finanze granducale nel 1747. Fu quindi cancelliere delle Decime (1750) e segretario della Pratica Segreta. Ottenne poi la nomina a Segretario delle Riformagioni nel 1769 e si occupò del riordinamento del suo archivio (1776, 1783). Appassionato studioso, scrisse Della decima e di varie gravezze imposte dal Comune di Firenze. Della moneta e della Mercatura de' Fiorentini fin al sec. XVI (1765), e tradusse i Ragionamenti sopra la moneta, l'interesse del denaro e le finanze di John Locke, (1751). Morì a Firenze il 29 gennaio 1789, come ricorda la lapide suddetta.
Gli amici commissionarono il suo degno sepolcro allo scultore Innocenzo Spinazzi, nativo di Roma (18 luglio 1726) e formatosi come artista nella bottega del padre argentiere e in quella di Giovan Battista Maini, dove aveva appreso il bello e gradevole stile del tardo classicismo. Quindi aveva lavorato in patria, ma la sua vita era cambiata quando il granduca Pietro Leopoldo gli aveva affidato il restauro delle collezioni di antichità degli Uffizi nel novembre 1769 con un cospicuo stipendio e importanti ‘benefit’ come uno studio attrezzato, la carica di «Primo Scultore di Corte», l’iscrizione all’Accademia del disegno di Firenze (1771) e la residenza presso la Sapienza (via Cesare Battisti, vicino alla SS. Annunziata).
Spinazzi intervenne come restauratore agli Uffizi, a Pratolino, a Boboli, e scolpì opere di pregio, fra le quali il busto di Pietro Leopoldo (1770), Giovanni Lami a figura intera (1772-75) per la basilica di Santa Croce e la suggestiva Fede Velata della chiesa di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. Morì il 19 novembre 1798. Seguì la sua arte il figlio Paolo, ma ebbe breve vita (1761-1785).
Sullo stile del sepolcro nell’andito della SS. Annunziata, scrisse, con delle pittoresche note sul Pagnini, Roberta Roani Villani (Antichità Viva, 1987):

“Il busto di ‘Giovanni Francesco Pagnini [...] fu eseguito dallo Spinazzi su commissione di Carlo Grobert e di altri amici del Pagnini fra cui Giuseppe Pelli. È proprio il Pelli nelle sue ‘Efemeridi’ a fornirci questi particolari e a darci un ritratto psicologico e umano del Pagnini acuto e vivace: «... uomo di molto merito, amava l’agricoltura, la musica, le Belle Arti. Di carattere dolce fu assai attaccato al bel sesso, fu astuto e copertamente ambizioso, ma onesto. Una delle nostre bellezze (la Bacherelli) lo tiranneggiava da molti e molti anni. Non ha lasciato denari, ma quadri e libri (poi venduti): era un epicureo galantuomo».
Nel ritratto del Pagnini – continua Roani Villani –, come in quello stilisticamente affine, e anch’esso inedito di ‘Giuseppe Azzoni’ del 1791 circa, conservato nell’atrio della Biblioteca degli Intronati a Siena, lo Spinazzi raggiunge un sapiente equilibrio fra naturalismo e idealizzazione secondo un canone da lui già sperimentato. I tratti somatici forti sono evidenziati in entrambi i volti da un plasticismo teso e asciutto che lascia scorrere liberamente la luce: lo sguardo fiero del Pagnini (che lo scultore poteva aver conosciuto di persona), e quello più velato e atono dell’Azzoni (le cui fattezze gli erano forse note solo tramite qualche ritratto) paiono volerci trasmettere l’immagine del carattere ...”.

Paola Ircani Menichini, 28 aprile 2023.
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